Si è svolto a Roma il 30 Marzo alla Facoltà di Scienze Politiche-Roma Tre un dibattito sulla crisi politica ed economica dell’Unione Europea “L’Europa che vorrei” organizzato dalla Gioventù Federalista Europea (Roma). Il dibattito è stato moderato da Luca Gramaglia e sono intervenuti il prof. Cosimo Magazzino (docente di Politica economica Roma Tre), Stefano Milia (Segretario generale CIME), prof Carlo Curti Giardino (docente di Diritto Internazionale “Sapienza”), i rappresentanti delle liste universitarie Azione Universitaria, Lista Aperta, Studenti in Movimento e Ricomincio dagli Studenti.
Il Prof. Cosimo Magazzino ha cominciato il suo discorso affermando che la crisi economico-finanziaria è iniziata negli Stati Uniti (2007) a causa della loro politica monetaria espansiva e a causa del Boom del mercato immobiliare. Questo “squilibrio” dello stesso mercato immobiliare si è riversato sui loro titoli di stato generando gli ormai famosi “titoli tossici” che sono poi giunti in tutto il mondo (questi titoli hanno girovagato perché c’è stata una scarsa vigilanza bancaria), in particolar modo nell’ Unione Europea causando il fallimento di istituti bancari ed assicurativi. Si pensava di risolvere questa crisi alla maniera “keynesiana” aumentando il debito pubblico (il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, individui, imprese, banche o stati esteri, che hanno sottoscritto un credito allo Stato sotto forma di obbligazioni o titoli di stato destinati a coprire il disavanzo del fabbisogno finanziario statale ovvero coprire l’eventuale deficit pubblico nel bilancio dello Stato), in realtà, secondo il Prof Magazzino, il keynesianesimo non è stata la cura per uscire dalla crisi economica, ma anzi non ha fatto che peggiorare la situazione perché la crescita economica non c’è stata. Il debito pubblico sia nell’UE che in Italia è aumentato nel corso degli anni (nell’UE Europea è l’ 80% del Pil, mentre in Italia è il 120% del Pil) , nell’area Euro abbiamo avuto un Pil del 3% nel 2007 e addiritura negativo -4% nel 2009 e allo stato attuale le cose non vanno tanto meglio. Attraverso una tabella della “Consulting Group” ha fatto vedere come nel nostro paese c’è troppa e inutile spesa pubblica che è oltre il 50% del Pil , affermando che quando si spende troppo si rischia di spendere inutilmente non facendo che aggravare la nostra situazione. Dunque, secondo il professore, si esce dalla crisi con la diminuzione delle spese considerate “inutili” dichiarandosi favorevole al “fiscal compact”, imposto dall’Europa, e contrario agli “eurobond” (che porterebbero ad un insanabile “debito pubblico europeo) e controllando invece maggiormente l’evasione fiscale.
Secondo invece Stefano Milia la crisi dell’Europa non è iniziata nel 2007, ma il 29 Maggio 2005 quando la maggior parte dei francesi (54,87 %) disse “NO” al referendum per la Costituzione Europea. Ciò sta a significare, secondo Milia, che questa crisi non è solo una crisi economica, determinata da comportamenti economici sbagliati, ma è anche una crisi di fiducia sul futuro dell’Europa. La Francia ha dunque fatto una scelta diversa, non ha creduto in una maggiore coesione europea. Milia teme che il fiscal compact (imposto da Francia e Germania) possa avere effetti negativi su l’intera Europa ed auspica che in futuro si possano prendere scelte a vantaggio di tutti gli stati. Le strade per uscire dalla crisi secondo lui sono la Tobin tax (tassa sulle transazioni finanziarie) , carbon tax (è una tassa sulle risorse energetiche che emettono biossido di carbonio nell’atmosfera), l’emissione di eurobond e la possibilità di utilizzare uno strumento contemplato nell’articolo 11 del Trattato di Lisbona ovvero l’ICE (Iniziativa Cittadini Europei): questo strumento consente ad un milione di cittadini( a partire dal 1 Aprile 2012) di almeno sette stati dell’Ue di invitare la Commissione Europea(entro un anno) a proporre atti legislativi in settori di sua competenza, citando poi la proposta ICE del Movimento Federalista Europeo che consiste in un piano di sviluppo europeo per la crescita e la piena occupazione. Ha terminato il suo intervento dicendo che ci vuole più Europa e meno stati nazionali.
L’ultimo a parlare è stato il prof Curti Giardino, il quale ha evidenziato che i semi della crisi dell’Europa non vanno ricercati né nel 2007 e né nel 2005, ma nel 1992. Il Tratto di Maastrich, firmato il 7 Febbario 1992, afferma infatti nell’articolo 104 c, che il rapporto tra debito e Pil per gli stati dell’Unione Europea deve essere al massimo del 60%. Dunque è per colpa del non rispetto delle regole che si è arrivati alla crisi. Il Trattato di Maastrict, oltre a quanto abbiamo già detto, prevede l’istituzione dell’Unione europea e l’ introduzione della procedura di codecisione, che conferisce al Parlamento maggiori poteri nel processo decisionale, nuove forme di cooperazione tra i governi dell’UE ( ad esempio in materia di giustizia e affari interni e in tema di politica estera e di sicurezza) e l’unificazione monetaria: dunque le premesse per una maggiore coesione europea c’erano tutte. Secondo il professore l’Europa non è pronta per diventare uno stato, sono ormai troppi gli stati facenti parte dell’Unione Europea a sedersi al tavolo del Consiglio Europeo, l’occasione c’era nel 2004 quando gli stati erano di meno.
Infine hanno parlato le liste universitarie, che, partendo da presupposti teorici diversi, hanno mostrato una linea comune mettendo in evidenza l’importanza di avere un Europa sempre più coesa.
di Massimo Minnetti