Oggi il Parlamento europeo ha dato il via libera alla Conferenza sul futuro dell’Europa. Il MFE, insieme all’UEF, accoglie con soddisfazione il raggiungimento di un accordo che finalmente apre l’opportunità di lavorare per una nuova Europa insieme ai cittadini. Per le forze che credono in un’Europa federale, sovrana e democratica è ora il momento dell’impegno e della mobilitazione.

Nel salutare con sollievo l’avvio a lungo atteso della Conferenza sul futuro dell’Europa, il MFE, insieme all’UEF sottolinea l’importanza del momento storico e delle sfide politiche che l’Unione europea sta fronteggiando e ricorda la necessità che la Conferenza sia un momento di confronto per permettere ai cittadini, alla società civile, alle forze del lavoro e dell’impresa, insieme agli esponenti delle istituzioni nazionali ad europee, di confrontarsi e decidere come procedere per adattare le nostre istituzioni in modo da completare la costruzione di un’Europa federale, sovrana e democratica.

Nei momenti storici di grande svolta, le comunità devono essere in grado di adattare le loro istituzioni, se vogliono governare i nuovi processi ed evitare di cadere in un declino irreversibile” dichiara Sandro Gozi, Presidente dell’UEF e parlamentare europeo. “E’ quello che dobbiamo fare oggi nell’Unione europea: rendendo permanente lo strumento del Next Generation EU e creando un bilancio federale, affinché l’UE possa condividere con gli Stati membri la sovranità fiscale; e acquisendo nuove competenze, estendendo la procedura legislativa ordinaria, nel campo della salute, della politica economica, della politica estera e della difesa, per rendere l’Europa leader globale nella difesa dei valori fondamentali e dello stato di diritto, modello di una transizione ecologica socialmente sostenibile e attore globale per un nuovo multilateralismo”.

Per questo la Conferenza deve poter discutere senza tabù non solo quali politiche europee devono essere rafforzate, ma anche quali riforme dei Trattati sono necessarie per dotare l’UE degli strumenti necessari per agire con efficacia e incisività”, prosegue Domenec Ruiz Devesa, Vicepresidente dell’UEF e parlamentare europeo.

A questo proposito sarà fondamentale anche la riforma del sistema elettorale europeo, per uniformarlo, creare circoscrizioni pan-europee con le liste transnazionali, avviando la nascita di un vero spazio politico e di dibattito pubblico europeo”, conclude Sandro Gozi. “Ora è il momento del confronto e dell’azione, anche per superare i limiti della governance della Conferenza, che il Consiglio ha voluto indebolire con il principio del consenso che rende difficile raggiungere conclusioni efficaci. Serve un fronte comune di tutte le forze che credono in un’Europa sovrana e democratica, nel Parlamento europeo, nei Parlamenti e tra i governi nazionali, nella società civile. Si apre un processo che noi crediamo debba portare a costruire l’Europa federale di cui abbiamo bisogno. E Il tempo per farlo è ora: ora o mai più. Non sprechiamo questa opportunità”.

Il Centro nazionale del Movimento Federalista Europeo ha organizzato un dibattito sul tema della questione dei migranti che sono bloccati in condizioni disumane ai confini dell’UE, sulle implicazioni in termini di valori e principi promossi dall’integrazione europea e su strumenti e competenze ancora prettamente intergovernativi in questo settore.

L’MFE ha organizzato un incontro con europarlamentari che hanno visitato il campo al confine tra Croazia e Bosnia.

Introduzione: Sandro Gozi, Presidente dell’UEF e parlamentare europeo
Testimonianze e interventi di:
– Brando Benifei, parlamentare europeo
– Pierfrancesco Majorino, parlamentare europeo
– Alessandra Moretti, parlamentare europea

Coordina: Giorgio Anselmi, Presidente del Movimento Federalista Europeo

Il 20 febbraio scorso in forma ibrida (in parte su Zoom e in parte presso la Sala Officine del sapere di Latina) si è tenuto il Congresso del Mfe centro regionale del Lazio.

Il Congresso, è iniziato alle ore 10.30 circa con i saluti istituzionali del Sindaco di Latina, Damiano Coletta, e del Presidente della Commissione Affari europei del Consiglio della Regione Lazio, Alessandro Capriccioli.

In seguito alla nomina di Simone Cuozzo e Walter Corteselli per la Commissione verifica poteri, è stata approvata all’unanimità la proposta di ordine del giorno. Il Congresso ha quindi nominato per il Praesidium Sofia Fiorellini e Ugo Ferruta.

Si sono poi susseguite le relazioni del Presidente uscente Francesco Gui, del Segretario uscente Mario Leone e Tesoriere uscente, Angelo Ariemma.

Dopo una breve pausa, sono intervenuti/e al dibattito: Mario Monferrini, Paolo Ponzano, Marco Senesi, Irene Deval, Cristiana Paone, Andrea Bellachioma, Carlo Imarisio, Walter Corteselli, Teresa Iurilli, Raimondo Cagiano, Diletta Alese, Tommaso Laporta, Monica Didò, Silvana Cirillo, Marco D’Agostini, Antonio Argenziano, Paolo Acunzo, Ignazio Di Gennaro, Vittorio Cidone, Ugo Ferruta, Sofia Fiorellini.

Concluso il dibattitto, i delegati al Congresso regionale hanno eletto all’unanimità:

Comitato Regionale: Salvatorepio De Angelis (Rieti), Paolo Cutolo (Ventotene), Francesca Neiviller, Oscar Zazza, Mario Leone, Valeria Campagna, Marco Senesi (Latina), Lucia Serino, Simone Campioni, Francesco Cecere (Frosinone), Walter Corteselli, Ginevra Ceccarini (Viterbo), Anwar Abdallat, Paolo Acunzo, Diletta Alese, Antonio Argenziano, Angelo Ariemma, Simone Cuozzo, Marco D’Agostini, Irene Deval, Monica Didò, Ufo Ferruta, Sofia Fiorellini, Francesco Gui, Franca Gusmaroli, Tommaso Laporta, Elisabetta Lepri (Roma) Alessandra Leccese (Gaeta) Veronica Conti, Samantha Corvaro (GFE).

Collegio dei Revisori: Gianluigi Maria Fiaschi (Gaeta), Vittorio Cidone (RM) e Maurizio Paluzzi(LT).

Collegio dei Probiviri: Stefano Milia (RM), Alcide Scarabino(RM) Mario Tieghi (LT).

Successivamente, in seno al comitato regionale si è votato, dapprima, sulla mozione di posticipare la votazione delle cariche statutarie e l’ufficio di segreteria alla riunione successiva del Comitato regionale. Tale mozione è stata respinta con 12 voti contrari, 7 a favore, 2 astenuti.

Si è quindi proceduto all’elezione delle cariche statutarie e dell’ufficio di segreteria. Dato atto che nessun membro del Comitato regionale ha richiesto di procedere a votazioni separate per i singoli candidati, il voto ha avuto luogo sull’insieme delle cariche, così delineate:

Presidente: Francesco Gui

Segretaria: Sofia Fiorellini

Tesoriere: Angelo Ariemma

Vice Presidenti: Alessandra Leccese e Walter Corteselli

Vice Segretario: Antonio Argenziano

Ufficio Dibattito, Formazione e Comunicazione: Lucia Serino (Corrispondente per l’Ufficio del Dibattito), Walter Corteselli, Mario Leone.

I predetti sono stati eletti con 16 voti favorevoli, 0 contrari e 3 astenuti.

Il governo che nasce sotto la guida di Mario Draghi, il terzo nel corso di questa legislatura, dimostra la possibilità che dalla peggiore crisi dal secondo dopoguerra nascano un sistema e una politica in grado di costruire un futuro migliore per il Paese e per il mondoQuesto governo è il frutto della svolta politica dell’Unione europea con il Next Generation EU e dell’impossibilità per l’Italia democratica di rinunciare alla scelta europea; ma è anche la condizione per costruire un’Europa più unita e più forte, in cui gli Stati membri “cedono sovranità nazionale nelle aree definite dalla loro debolezza per acquistare sovranità condivisa”, indispensabile per affrontare le sfide epocali che ci sovrastano.

* * *

Il Governo guidato da Mario Draghi che ha appena ricevuto un’amplissima fiducia dalle due Camere, è il frutto di un percorso in base al quale la crisi provocata dall’emergenza pandemica, insieme alla capacità europea di dare una risposta unitaria forte e solidale, ha portato ad un’assunzione di responsabilità da parte delle forze politiche italiane, chiamate, nelle parole del Presidente del Consiglio, a “rispondere alle necessità del Paese….. perché prima di ogni nostra appartenenza, viene il dovere della cittadinanza”.

Con questo passaggio l’Italia conferma di essere un laboratorio della politica europea, in grado di incubare le tendenze e l’evoluzione della politica “nella vecchia Europa”. Basta ricordare i fatti. Nel momento della maggiore virulenza delle forze sovraniste, mentre l’Unione europea era dilaniata e paralizzata da tensioni interne, il Parlamento italiano eletto nel marzo del 2018 ha espresso, primo tra i Paesi fondatori, un governo ferocemente anti-europeo, sovranista e orgogliosamente populista, la cui forza distruttiva è stata contenuta solo grazie alla fermezza del Presidente Mattarella; poi, dopo le elezioni europee e l’esito del voto nel Parlamento europeo, si sono riaperti i giochi anche in Italia ed è nato un governo che ha scelto con nettezza l’ancoraggio e l’impegno europei, contribuendo positivamente alla svolta dell’Unione, che sarebbe stata impossibile con un’Italia nazional-populista; infine, di fronte alla ineludibile necessità di riforme profonde del nostro sistema Paese e di costruire l’Italia e l’Europa per le prossime generazioni, questo stesso Parlamento ha avuto la forza di esprimere un governo di unità nazionale che segna il ritorno della convergenza delle forze politiche attorno ad un quadro politico democratico condiviso, irreversibilmente ancorato all’appartenenza all’Unione europea e al suo sviluppo. Si tratta di un passaggio assolutamente indispensabile per l’evoluzione in senso positivo dell’Italia e dell’Europa, che le forze politiche devono ora saper confermare e consolidare.

Il programma presentato alle Camere dal Presidente Draghi è pienamente incentrato sulla consapevolezza del valore della sfida cui è stato chiamato per garantire le nostre prospettive future e, insieme, quelle dell’Unione europea. Per questo Draghi ha sottolineato con forza che, mentre si devono affrontare la risposta alla crisi sanitaria, sociale ed economica e si deve procedere all’elaborazione e attuazione del Recovery Plan – anche per dimostrare che la solidarietà europea funziona, e produce convergenza vera, rafforzando l’area euro e il Mercato europeo –, si deve, insieme, giocare in Europa il ruolo storico che compete alla tradizione dell’Italia quale Paese fondatore. “Senza l’Italia non c’è l’Europa” ha sottolineato Mario Draghi; così come “fuori dall’Europa c’è meno Italia” e “non c’è sovranità nella solitudine”. Al tempo stesso è indispensabile che l’Europa possa agire in modo efficace, e per farlo deve essere solida e unita. Come ricordava Draghi da Presidente della BCE, “l’Euro è irreversibile, ma non indistruttibile”. Per questo, sostenere oggi il governo “significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro” e insieme “condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione”.

Draghi sottolinea che è giunto il momento che gli Stati membri “cedano sovranità nazionale nelle aree definite dalla loro debolezza per acquistare sovranità condivisa”. La creazione di un bilancio federale con una capacità fiscale autonoma europea dovrà necessariamente essere il primo passo, sia per creare lo strumento indispensabile per far convergere e stabilizzare l’area euro, sia per rendere possibile la costruzione di quel “vero governo comune” che deve essere l’obiettivo del processo che si va ad aprire in Europa con la Conferenza sul futuro dell’Europa. Spetta ora alle forze politiche che sostengono il governo rendersi conto della posta in gioco ed essere all’altezza degli impegni che hanno assunto rispondendo positivamente all’appello del Presidente Mattarella.

In mattinata una piccola delegazione di federalisti europei di Roma e del Lazio si è recata in visita al Giardino dei Giusti di Roma, sito dentro la Villa Doria Pamphili, per ricordare Ursula Hirschmann, co-fondatrice del Movimento Federalista Europeo (e della sezione di Roma), a 30 anni dalla morte. Ursula è stata recentemente riconosciuta “pioniera dell’UE” dalle istituzioni dell’Unione. Nel 2019, in sua memoria, era stato piantato uno degli ulivi del Giardino con una piccola targa di riconoscimento. Nell’occasione alcuni militanti storici della sezione di Roma (Francesco Gui, Cesare Merlini, Maria Teresa Di Bella Ruta, Luciana Rastrelli e Stefano Silvestri) hanno offerto un ricordo personale di Ursula, avendola conosciuta personalmente.


Nell’occasione sono stati omaggiati di un ricordo tra gli altri anche gli ulivi dedicati ad Alexander Langer e a Adriano Olivetti

La sezione “Altiero Spinelli” di Roma del Movimento Federalista Europeo ha organizzato un Dibattito online (webinar), dal titolo “Il cielo sopra l’Europa”, nell’ambito dell’Assemblea aperta degli iscritti MFE Roma – 15 dicembre 2020
Il dibattito è stato introdotto dal parlamentare europeo Brando Benifei (presidente del Gruppo Spinelli)
Tema dell’incontro: Analisi dei risultati della riunione del Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2020.

Registrazione video integrale dell’incontro:

Intervento introduttivo di Brando Benifei:

Brando Benifei è membro del Parlamento europeo. Ha aderito al gruppo S&D. E’ capo delegazione del Partito Democratico al Parlamento europeo. Alla sua seconda legislatura, si occupa di Mercato interno e digitale, di Affari costituzionali e di Occupazione e affari sociali. Nella precedente ha seguito il Rapporto sull’aumento del prefinanziamento dell’Iniziativa per l’occupazione giovanile ed è stato relatore del Rapporto sull’integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro europeo. Nel 2018 sul tema dell’occupazione e affari sociali è stato eletto Miglior deputato dell’anno. E’ Presidente del Gruppo Spinelli al Parlamento europeo dal 2020 e Vice Presidente del Movimento Europeo Internazionale. E’ inoltre eletto nel Comitato Federale del Movimento Federalista Europeo

Il dibattito è stato trasmesso su Zoom (ID 884 3263 6910) e successivamente condiviso su facebook nell’evento dedicato e sui canali del MFE Roma.

Una delle ultime interviste nella rubrica “Le grandi novantenni” de La Stampa

Il ricordo del Presidente MFE Roma, Ugo Ferruta

“Purtroppo, da gran donna qual’era, non ha voluto essere da meno di Giscard … e proprio ieri notte se n’è andata anche Gianna Radiconcini.
Militante europeista sin dalla prima ora, fortemente impegnata nel Partito d’Azione e poi nel Partito Repubblicano, per anni corrispondente RAI da Bruxelles e Strasburgo, poi Vicedirettora del GR3 e del TG1. La sua figura, quindi, andava oltre il nostro movimento ma noi federalisti europei la ricordiamo anche come Presidente del MFE Lazio negli anni ’80-’90.
Per quanto mi riguarda, la staffetta partigiana, la donna politicamente impegnata (e negli ultimi anni, persino scrittrice) da tanti conosciuta e ammirata, è stata anche una più care amiche di mia madre, per cui, nella mia mente, i ricordi dei mille congressi e dibattiti e dei tavoli delle raccolte di firme (era il 1988) per il referendum sul mandato costituente al parlamento europeo si sovrappongono a quelli delle gite domenicali con le rispettive famiglie e noi bambini a cantare sui sedili posteriori, o degli anni in cui, molto tempo dopo, osservavo la loro arzilla compagnia di ultrasettantenni godersi le serate discorrendo amabilmente con vista sul lago di Bolsena. Pezzi di un mondo che, con dolore, vedo allontanarsi ma che, in tutte le sue sfaccettature, mi resterà sempre dentro.
Fu lei a invitarmi, correva l’anno 1984, a una conferenza di tale Altiero Spinelli (di cui non avevo mai sentito parlare), avviandomi così all’impegno per l’Europa federale. E se potessi vederla ora, non mi sorprenderei affatto di trovarla intenta a … scansare con fastidio le formalità di rito per poter intervistare quel Valéry Giscard d’Estaing che, avendocelo a tiro, certo non si farebbe scappare (credo, del resto, che lo conoscesse) con la determinazione e la passione che ha sempre avuto per l’Europa, per il giornalismo e per i grandi temi della politica.”

La sezione “Altiero Spinelli” di Roma del Movimento Federalista Europeo (MFE) ha organizzato un nuovo dibattito online (webinar) per discutere il tema della difesa europea, tra vincoli economici e strutturali, ricerca di una comune politica estera e collocazione strategica globale. Dal 2016 ad oggi si evidenziano le grandi potenzialità di sviluppo per la costruzione di una capacità autonoma europea. Le recenti elezioni presidenziali USA ci hanno consentito di aggiornare l’analisi degli scenari futuri del rapporto tra UE e USA, storicamente rilevanti la sicurezza e difesa europea, con una particolare attenzione al ruolo della NATO. Ne abbiamo parlato con Giampiero Gramaglia, giornalista e consigliere dell’Istituto Affari Internazionali, esperto di politica UE e USA, e con due relatori esperti più specificamente di difesa europea, Domenico Moro, membro del Consiglio direttivo del Centro Studi sul Federalismo, e Federico Castiglioni, PhD e ricercatore presso Zanasi&Partners in Security and Defence. L’incontro è stato moderato da Alcide Scarabino, responsabile dell’Ufficio del Dibattito del MFE di Roma.

I video degli interventi introduttivi e delle repliche al dibattito dei realtori:

Giampiero Gramaglia

Domenico Moro

Federico Castiglioni

La diretta integrale dell’incontro:

Giampiero Gramaglia è giornalista, collaboratore tra gli altri de “Il Fatto Quotidiano”. Consigliere dell’Istituto Affari Internazionali (IAI). Già corrispondente da Bruxelles, Washington e Parigi per l’ANSA, ne è stato il direttore (2006-2009). Ha inoltre diretto a Bruxelles l’Agence Europe (2010-2011) e il portale d’informazione europea, EurActiv.it (2012-2015). Nel 2015 è stato vice direttore dell’agenzia di stampa LaPresse. Ha diretto AffarInternazionali.it, il webzine dell’Istituto Affari Internazionali. Autore di libri sulla politica americana, dirige corsi di giornalismo, tra gli altri, alla Ifg di Urbino, ed alla Sapienza. E’ infine presidente di Infocivica e segretario generale dell’EPC.

Federico Castiglioni (PhD) è ricercatore presso la società di consulenza Zanasi&Partners in materia di Security and Defence. Collabora con diverse riviste specializzate nel settore. E’ stato MEP Policy Advisor sulla difesa al Parlamento europeo. Coordina la commissione Affari e Cooperazione dell’Unione Europea del Consiglio Nazionale dei Giovani. E’ stato inoltre membro della direzione nazionale della Gioventù Federalista Europea.

Domenico Moro è membro del consiglio direttivo del Centro Studi sul Federalismo. Pubblicista ed esperto di questioni relative alla difesa europea. E’ membro del comitato federale dell’Union of European Federalists (UEF) e della direzione nazionale del Movimento Federalista Europeo. Già dirigente del Gruppo Fiat e amministratore delegato di società di gestione di servizi pubblici locali, è stato inoltre direttore l’Istituto di Studi Federalisti «Altiero Spinelli». Autore del volume “Verso la Difesa europea” (il Mulino, 2018)

I partecipanti sono potuti intervenire nel dibattito in video e audio attraverso la piattaforma Zoom. Il dibattito è stato successivamente reso visibile sui canali facebook della sezione di Roma.

Nel ventennale della sua morte ricordiamo Antonio Russo, militante federalista europeo, inviato per Radio Radicale, reporter nei teatri di guerra degli anni ’90, trovato morto assassinato il 16 ottobre 2000 in Georgia dove si trovava per raccontare gli orrori e i crimini nascosti all’opinione pubblica mondiale della guerra in Cecenia.

Il Presidente MFE Roma, Ugo Ferruta, amico personale e compagno di lotta lo ha ricordato come “uomo libero e libero intelletto, di grande spessore e cultura”. Di seguito trovate un articolo di Ugo scritto in sua memoria in occasione della sua scomparsa:

IL LUPO ABRUZZESE
ricordo di Antonio Russo*
“Lama di fuoco che taglia il giorno dalla notte mentre una notte rincorre in un carosello di colori un giorno fugace che pigramente si prepara al suo eterno rito. Dai cento occhi dell’aereo la meraviglia di un paradosso si mostra in tutto il suo splendore con l’illusione del partecipare col carro di Fetonte al gioioso rincorrersi di Aurora con Notte. Meraviglia delle estreme lande siberiane, dove il tempo della luce con il buio sembra essere il soffio dell’istante”.
Le aveva scritte nel mio studio all’Università di Bielefeld queste righe, all’indomani di una nottata in pieno stile Antonio Russo e di un paio d’ore di sonno, tante gli bastavano. Tra un congresso e l’altro in angoli diversi dell’Europa, una cornice di tranquillità e il tempo di fermarsi un momento e raccontare ciò su cui aveva indagato e riflettuto.
Si trattava di uno dei suoi primi viaggi-inchiesta, dopo quello a Sarajevo di qualche mese prima di cui però non è restata alcuna traccia scritta, effettuato in occasione di una settimana di incontri sui problemi della Russia e sulle possibilità di un governo mondiale. Una settimana in cui, per raccontarlo ancora con le sue parole, “uno spicchio di mondo era volato in una città universitaria a un’ora e mezzo da Novosibirsk, all’estremo confine del prossimo, per trovarsi nel risiko delle diversità”.
Con quel reportage scritto per la rivista Comuni d’Europa Antonio aveva dunque riaperto la sua carriera nella galassia dell’informazione nella nuova veste di “inviato”, participio passato che, reso necessario dalla mancanza della tessera di giornalista che l’ignavia dei suoi primi datori di lavoro gli aveva precluso, si adattava comunque benissimo alla sua figura.
Era stato il contatto con le organizzazioni europeiste e federaliste europee, tra il ’93 e il ’94, a dargli l’occasione di partecipare ad una serie di incontri che avvenivano un po’ in tutta Europa. Quelle organizzazioni, spesso pioniere nella scoperta di idee e di uomini di cui non sempre apprezzano fino in fondo il valore, gli avevano fornito i pochi mezzi necessari a realizzare i progetti che inevitabilmente avevano preso corpo nella sua testa. La prima missione a Sarajevo ed il soggiorno a Novosibirsk furono i più significativi, i primi contatti diretti con i due mondi, l’ex Jugoslavia e l’ex-Unione Sovietica, che da quel momento avrebbero marcato la sua vita. In entrambi i luoghi egli allacciò una serie di rapporti umani e professionali (non era mai facile in Antonio, vista la passione che lo animava, scindere le due dimensioni). In entrambi i luoghi sarebbe più volte tornato e ne avrebbe fatto la base per ulteriori viaggi alla scoperta di realtà difficili e luoghi d’incontro di culture diverse.
In quella stagione egli trovò anche gli amici con i quali intraprendere un nuovo percorso intellettuale. Amici che lo sostennero, pubblicarono con lui pamphlet e monografie, lo incoraggiarono a rilanciare la rivista di filosofia che aveva fondato anni prima incoraggiato dalla profezia (“sono gli irregolari che fanno le grandi cose”) del fondatore di uno dei maggiori istituti italiani; altri, molti a dire il vero, si appoggiarono a lui; altri ancora, più giovani ma forse più borghesi nell’animo, cercarono di seguirlo nei limiti del possibile. La sua sensibilità fece il resto, e il suo passato di militante radicale gli permise di riaprire il rapporto con la radio per la quale avrebbe poi effettuato le sue corrispondenze più significative e più conosciute.
* * *
Editore in proprio, in gran parte autodidatta, passato dagli studi di veterinaria a quelli di filosofia, uomo dalle mille letture, militante politico, compagno di mille viaggi e di mille congressi, Antonio non è stato solo un giornalista. È stato intuizione ed approfondimento, cultura e senso pratico, ingenuità e scaltrezza, formidabili antenne grazie alle quali era passato attraverso esperienze difficilissime, è riuscito a librarsi come pochi tra dimensioni diverse dell’universo sociale, grazie alla grande carica umana che era capace di trasmettere.
Moderno Socrate, Antonio non ha mai avuto grande facilità o grande motivazione per scrivere, quasi doveva obbligarsi a farlo. La velocità e l’acutezza delle sue intuizioni, il bisogno di non fermarsi mai, lo portavano subito sul campo, dove il racconto e la comunicazione orale prendevano immediatamente il sopravvento. Però ovunque andasse, con chiunque avesse a che fare, nonostante una congenita mancanza di diplomazia, accorciava con grande facilità la distanza e sapeva farsi raccontare da ciascuno un po’ della sua anima e dell’anima del luogo. Poi c’era l’ironia dissacrante, i quadretti e le gags che cuciva anche attorno agli amici come ai grandi nomi, compresi quelli che incontrava in occasione di premi e riconoscimenti.
Non c’era insomma da meravigliarsi se quando arrivavi in un posto ventiquattr’ore dopo di lui lo conoscevano già tutti, e se attorno alla sua figura nascevano leggende metropolitane come quella dell’intervista esclusiva al Generale Lebed ottenuta presentandosi con una cassa di vodka. Parrebbe ancora di vederlo in costume da bagno davanti a Miramare a fermare le macchine dei turisti increduli “un attimo di pazienza, che deve passare il sindaco di Sarajevo” (che infatti si materializzò di lì a poco su un’utilitaria scassata), o nelle fughe in pigiama dall’ospedale in compagnia di un altro paziente per andare a cena in una delle trattorie più vicine, dove ogni tanto incontravano anche i medici ormai rassegnati a non poter arrestare la loro voglia di vivere ad ogni costo.
Nell’affrontare i passaggi più impervi era un lupo solitario, come egli amava descriversi accennando alla regione dove era nato e divertendosi a pensare che altri fossero come lui, ma era anche un elemento trainante di quelli che costruivano la fortuna del branco, e soprattutto un uomo con un forte senso dell’amicizia, un’amicizia che spesso nasceva attorno ad un confronto di idee e si cementava con la voglia di difenderle insieme.
Antonio era viscerale nei dibattiti e nelle polemiche, pronto a smentire con i fatti dogmi e convinzioni di giovani idealisti dal grande futuro ma già un po’ primi della classe che non a caso si sentivano “rovesciata in faccia la verità”. Ma anche sempre pronto a condividere la tavola, le mezze giornate di vacanza rubate tra una missione e l’altra, le discussioni di cucina e le conversazioni letterarie, per tutto ciò amato e sempre ricercato da quelli che apprezzavano la sua grande comunicativa e capacità di ravvivare un ambiente e la sua voce dal timbro che trasmetteva buonumore.
Sarebbe un’impressione sbagliate, leggendo queste righe, quella di credere che Antonio fosse una specie di guru. Non si conoscerebbe la sua modestia, il suo rispetto per il prossimo e la sua disponibilità nei confronti degli altri, che spesso, più concreti e perbene, erano poi loro a capitalizzare. Certo c’è sempre stato l’affetto e con riconoscenza di tutti quelli – è stato sempre sorprendente vedere quanti fossero – che ha sempre sostenuto e aiutato. E poi c’erano quelli che avevano trovato rifugio a casa sua in caso di bisogno, vero o presunto. Arrivavano allora, spesso sotto la pressione dell’incertezza e delle necessità concrete, le lamentele e le scene per essere stato sfruttato e dimenticato, affogate negli eccessi delle sue notti solitarie, eccessivo com’era nei bassi quanto grandioso e magnetico era negli alti. Ma generoso in ogni caso e per principio.
Una delle ultime volte che l’ho visto, poco dopo il suo ritorno da Pristina, ho avuto la netta impressione che in lui ci fosse come una serenità ritrovata. Era contento di poter camminare a testa alta, delle soddisfazioni che sentiva di avere dato agli affetti più cari, sembrava che sentisse che di avere intrapreso una strada e ottenuto dei risultati che davano un senso alla sua vocazione. Non può sfuggirmi allora nel suo racconto da Novosibirsk l’accenno ai versi di Whitman, poeta dell’infinito americano, lo stesso che incita a guardarsi indietro per capire se si è veramente vissuti. E di fronte a tutti quelli che prima e dopo l’accaduto si sono domandati se valeva la pena di fare una vita così dura e rischiosa, non posso impedirmi di pensare due cose: che Antonio, eroe dall’animo antico in un’epoca postmoderna, al contrario di molti ha vissuto veramente; e che aveva ancora molte cose da dire e un mare di autenticità da rovesciarci in faccia.
* * *
C’è da restare folgorati rileggendo oggi quella corrispondenza da Novosibirsk, della sua impressione che sembrava esserci una specie di reticenza di fronte alle domande che faceva e soprattutto di fronte a questo passo: “Lo stesso valga per la situazione cecena, dove spesso le domande che cercavo di fare venivano liquidate con frettolosi giudizi, quali il fatto che i ceceni sono un popolo di guerriglieri dediti al commercio delle armi, al contrabbando, poco inclini a seguire le direttive del governo. Il fatto che in Cecenia si trovi il più alto concentramento di armamenti russi e una presenza nel territorio di organizzazioni di tipo mafioso hanno motivato l’intervento di Eltsin”.
A lui quelle spiegazioni non quadravano: “Posizione alquanto ambigua, visto che fra i più interessati al traffico clandestino delle armi – visti gli ingenti guadagni che ne provenivano – era proprio il governo russo poiché il territorio ceceno strategicamente era una delle migliori vie per il trasporto delle armi. Sembrerebbe che Eltsin abbia perso il controllo della situazione in quanto si erano create delle aree di complicità con organizzazioni mafiose di cui se ne avevano appendici, sempre più potenti, anche a Mosca”.
Convinto che “parte di verità e parte di menzogna hanno da sempre costituito l’anima della politica”, Antonio ha voluto ancora una volta, come nel caso della ex-Jugoslavia, immergersi nel centro della geopolitica, nel labirinto delle umane contraddizioni, e verificare se le generiche ipotesi di Novosibirsk avessero un riscontro fattuale. Questa per chi lo conosceva è semplicemente la conferma che anche il progetto dell’ultima indagine era prima di tutto suo e che veniva da lontano. Gli ci erano voluti anni per realizzarlo, da vero uomo libero e da autentico free lance dell’informazione e della politica, cercando e trovando, con fatica e a caro prezzo, non padroni e committenti, ma sinergie e compagni di un pezzo di strada.
* Scritto poco dopo la sua scomparsa.

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