Roma, 14 marzo 2022
Contributo al dibattito del MFE Roma
sull’aggressione dell’Ucraina e le risposte dell’Europa
1. È in atto un’aggressione militare da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina, in palese violazione del diritto internazionale, che va condannata senza se e senza ma. Eventuali errori, sottovalutazioni o speculazioni eventualmente compiuti, prima dell’invasione, da altri soggetti, potranno essere oggetto di dibattito e di valutazione una volta che questa sia cessata, ma non possono giustificarla e a nessuno deve essere consentito di farlo.
2. Occorre innanzitutto fermare il massacro ma è fondamentale creare le condizioni per un vero negoziato di pace e gli strumenti perché questa sia solida e stabile, allontanando quanto più possibile la minaccia di nuove aggressioni unilaterali. Lord Lothian scriveva nel 1935:” Il Pacifismo Non Basta.” Il sostegno europeo alla resistenza ucraina e le misure adottate sono legittimi. Senza una deterrenza adeguata, non c’è pace ma solo la legge del più forte. È fondamentale ristabilire il rispetto del diritto internazionale, utilizzando tutte le misure che possano contribuire a ristabilire una situazione di pace duratura nell’area.
3. Va fermamente condannato il regime di Putin, che mira ad una espansione nazionalistica, anche a discapito di quelle forme di contestazione e critica pacifista in corso in tutto il mondo, a partire da parte dello stesso popolo russo.
4. L’Europa ha reagito prontamente, perseguendo questi obiettivi con la massima efficacia possibile nell’attuale assetto. Tuttavia, era largamente impreparata, sia sul piano dell’approvvigionamento energetico che su quello strategico – militare. Sconta oggi la mancanza di una vera politica estera (solo in parte compensata dalla lucidità dimostrata in questo frangente da alcuni leader nazionali ed europei) e gli enormi errori causati dalle scelte compiute in materia di politica energetica, soprattutto da parte di alcuni paesi, aggravate dall’azione di soggetti e gruppi d’interesse.
5. In generale, la globalizzazione economica non governata e le politiche rigoriste a lungo seguite hanno creato settori e aree fortemente a rischio, rendendo i paesi occidentali vulnerabili e ricattabili da interlocutori che violano costantemente i diritti umani e lasciando nelle loro mani asset strategici, soprattutto nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi, o nelle aree economicamente più fragili. La drammatica situazione in atto ha messo a nudo tutte le incoerenze dell’approccio seguito, evidenziando la necessità di definire, su nuove basi, le scelte strategiche dell’Unione.
6. Occorre gettare le basi per una pace durevole. L’Unione europea deve farsi promotrice – e in ogni caso sostenere la proposta – di una conferenza sulla pace e la sicurezza in Europa, auspicabilmente sotto l’egida dell’ONU e/o dell’OSCE, che veda partecipare tutti gli attori interessati nell’area e i principali players internazionali.
7. Va dato pieno sostegno alla risoluzione del PE e alla petizione della JEF che chiedono l’immediato riconoscimento dello status di paese candidato; la posizione espressa dal Consiglio europeo informale di Versailles secondo cui l’Ucraina “appartiene alla famiglia europea” e la volontà di “sostenere il suo cammino europeo” lasciano bene aperta la porta ed è auspicabile che al vertice di maggio, con il sostegno dell’opinione pubblica, si arrivi a un salto qualitativo.
8. Qualsiasi assetto o soluzione che comporti la convivenza di diverse nazionalità e culture su uno stesso territorio deve garantire – a livello costituzionale e internazionale – il rispetto dei rispettivi diritti, civili e politici. Si tratta di un principio base del federalismo e, in questo come in altri casi, se ne deve chiedere l’applicazione. La storia ha dimostrato che, in caso contrario, vi è un altro rischio di radicalizzazione del nazionalismo e di infiltrazione da parte di componenti estremiste e violente.
9. Non ci si può esporre oltre al rischio di dover andare necessariamente a rimorchio delle scelte e della politica degli Stati Uniti e della variabilità della politica americana, sia rispetto
alla Russia che rispetto all’Europa, nei cui confronti, dopo la caduta del muro di Berlino, ha avuto a volte un effetto divisivo. L’Unione deve essere capace di definire i propri interessi strategici (il primo dei quali non può che essere la pace e la stabilità del continente e del Mediterraneo) orientando in base ad essi le proprie scelte di fondo e le azioni che ne conseguono per assicurare la pace in diversi scenari. Dovrà anche essere capace di affrontare e superare le diversità tra le politiche estere nazionali, così da porre le basi per una vera politica estera comune.
10. È indifferibile la creazione di una vera difesa europea, con una sua identità ben definita, pur nell’ambito della NATO. L’accordo sull’aumento delle spese militari raggiunto a Versailles è quindi un passo significativo ma non può bastare. Per assicurare un’adeguata capacità di deterrenza, occorrono l’implementazione della forza UE di intervento rapido, di dimensione e capacità ben superiori ai 5.000 uomini previsti prima della crisi, e la rapida approvazione di uno “strategic compass” adeguato alle nuove esigenze.
11. Altrettanto urgente è il raggiungimento dell’autonomia nell’approvvigionamento energetico dell’Europa, anche con l’istituzione di una vera e propria Unione energetica. L’unanime consenso a Versailles su questo obiettivo appare significativo. Tuttavia, anche in questo caso, le decisioni chiave su come perseguire e sostenere questa scelta sono state demandate al vertice di maggio. La proposta di finanziarla attraverso il bilancio europeo e l’emissione di eurobond non fa ancora breccia e la mobilitazione della società civile, insieme al Parlamento europeo, potrebbe avere un ruolo fondamentale per smuovere la Commissione e vincere le resistenze, com’è accaduto per il Next Generation EU.
12. L’invasione dell’Ucraina sta definendo l’identità europea. L’Europa ha dovuto rendersi conto che il proprio modello di sviluppo e di democrazia – al quale il paese invaso ha scelto di aderire – può essere minacciato e che per difenderlo deve essere unita. Tuttavia, le spinte sovraniste non vanno sottovalutate. In alcuni casi, sono proprio quegli Stati membri che con maggior forza hanno sollecitato le sanzioni ad opporsi a ogni riforma che porti a un salto qualitativo, a discostarsi dai principi dello Stato di diritto e attuare politiche aggressive di affermazione dell’identità nazionale. Altri Stati membri rifiutano di condividere i costi della crisi a livello europeo, violando così il principio di solidarietà consacrato dai trattati. È evidente che, così facendo, sia gli uni che gli altri non rispettano i valori fondamentali limitando la capacità di agire dell’UE, salvo poi invocarne il sostegno nei momenti di crisi. “Non basta nemmeno il patriottismo”, chiosava Lord Lothian, e oggi si potrebbe aggiungere: il sovranismo è controproducente. Sono ormai indispensabili riforme istituzionali in senso federale, che non consentano a questi Stati di esercitare veti e ottenere compromessi al ribasso. Per attuarle, occorrono coraggio e leadership.
13. Il vertice di Versailles ha avuto un esito interlocutorio, con delle aperture significative. Anche per questo, è fondamentale che il cantiere delle riforme venga riaperto, convocando una nuova convenzione per la riforma dei trattati (come richiesto dall’UEF e dalla JEF) o dando vita a nuovi strumenti giuridici da “comunitarizzare” successivamente. Bisogna valutare anche l’opportunità di prolungare i lavori della Conferenza sul Futuro dell’Europa, così da far emergere in modo ancor più evidente e diffuso la volontà dei cittadini di allargare lo spazio pubblico europeo. Per consentire l’adeguamento dell’Unione al momento storico e definire la nostra identità sulla base dei valori che oggi stiamo difendendo.