Si è tenuta presso il CIFE (centro italiano di formazione europea) il 10 settembre 2013 una conferenza sull’integrazione regionale tenuta da Fernando A. Iglesias, vicepresidente di democrazia globale di Buenos Aires e direttore della Cattedra Spinelli (CUIA). Ha introdotto l’incontro, il direttore del CIFE, Lino Venturelli, il quale ha letto una dichiarazione del ministro dell’integrazione Kienge, riguardo il problema del razzismo. Il ministro ha ricordato che “… solo con un dialogo opportuno senza violenza si possono risolvere problemi del genere”.
Il dott. Iglesias ha cominciato la propria relazione partendo dalla peculiarità della crisi in cui stiamo vivendo; ci troviamo in un momento in cui si possono fare solo passi avanti, e rinnovare l’attuale ordinamento politico, economico e sociale. Il sistema in cui viviamo ha utilizzato un tipo di approccio nell’affrontare i problemi, che adesso non è più adatto, ha detto il dott. Iglesias. Il metodo che si è utilizzato fino ad oggi può essere riassunto in quattro punti:
1- Integrazione funzionalista. Risolvere le questioni in funzione del problema singolo che si presenta, attuando riforme che possono aiutare solo nel breve periodo. Tale criterio ha funzionato nel passato, ma attualmente non riesce a far fronte al tipo di crisi in cui siamo coinvolti. Bisogna cominciare ad attuare quelle riforme di più larghe vedute che possano preservare il futuro; ad esempio, promuovere uno sviluppo energetico sostenibile al fine di rispettare l’ambiente.
2- Integrazione elitista: fino a questo momento ci sono stati uomini di spicco, come Altiero Spinelli, che hanno portato avanti delle idee senza che ci fosse un vero movimento dal basso che potesse promuoverle, come appunto l’idea federalista. I tempi richiedono una partecipazione del popolo, e quindi dal basso alle grandi idee, per riuscire a cambiare il sistema.
3- Idea Confederativa: questo punto si ricollega al primo; nel lungo periodo gli obiettivi dei singoli stati tendono a coincidere, quindi, conviene cercare di perseguire questi ultimi confederandosi. Nel breve periodo invece gli obiettivi e gli interessi dei singoli stati non coincidono; si consideri la differenza in Europa tra le esigenze degli stati creditori, come la Germania e gli stati debitori come l’Italia, la Grecia o la Spagna. E’ una questione di metodo. Cambiare è doveroso per andare avanti, sennò si rischia di fermarsi ai problemi contingenti senza guardare al futuro, con il rischio di un collasso del sistema.
4- Rapporto tra federazione mondiale e federazione europea: si è detto che non bisogna pensare che prima si debbano risolvere i problemi dei singoli paesi per poi arrivare a una federazione europea, ma c’è bisogno della federazione per risolvere i problemi degli stati. Questo ragionamento deve essere fatto anche a livello globale; non possiamo pensare di arrivare alla federazione europea rimanendo indifferenti a quello che succede nel mondo, sennò si rischia di rimanere indietro. Allo stesso modo, certi problemi europei possono essere risolti a livello mondiale, e quindi, con un’ipotetica federazione mondiale. Dunque, non esiste una precedenza o un ordine tra federazione europea e mondiale; lo sviluppo di ognuna di esse deve avvenire contemporaneamente. Lo sviluppo europeo è legato a quello mondiale, basti pensare alle interconnessioni economiche che oramai hanno degli effetti e interconnessioni globali. Si pensi ai temi quali la Carbon Tax (tassa sulle risorse energetiche che emettono biossido di carbonio nell’atmosfera) la Tobin Tax (tassa sulle transazioni sui mercati valutari) o un welfare state (sistema sociale che vuole garantire a tutti i cittadini, la fruizione dei servizi sociali ritenuti indispensabili). Tali misure per avere un senso vanno oggi affrontate a livello globale.
Ci vorrebbero dei trattati internazionali che salvaguardino in modo effettivo i diritti fondamentali dei cittadini del mondo, delle istituzioni sovranazionali legittimate a intervenire su questioni umanitarie (si considerino i problemi di molti paesi che si affacciamo sul Mediterraneo e il vento antidemocratico che attualmente caratterizza e genera tali problemi e che richiede immediati interventi politici e umanitari).
Il dott. Iglesias ha portato l’esempio dell’America Latina descrivendo la situazione in cui tale area di mondo si trova. In questo momento, il sud dell’America presenta una grave disuguaglianza economica e sociale ed è stata messa al primo posto, tra tutti i paesi del mondo, per il tasso di violenza. La criminalità organizzata dell’Argentina, per esempio, è inaffrontabile per il governo nazionale, poiché, l’organizzazione criminale opera a livello sovrannazionale, per cui il governo argentino per molte questioni non può intervenire in modo adeguato. Il dott. Iglesias propone di creare una Corte Penale Internazionale che sia competente a occuparsi della criminalità su scala globale.
L’unione di forze a livello federale e il rafforzamento della collaborazione internazionale servirebbero per far fronte alla crisi della sicurezza, al problema ecologico, finanziario e alla crisi demografica. Questi quattro punti rappresentano i pilastri della crisi attuale che nessuno stato da solo è in grado di fronteggiare.
Il Dott. Iglesias rimarca come l’Europa sia una risposta necessaria ma non sufficiente; essa non può affrontare lo strapotere del capitalismo mondiale. Occorre un’unione federalista politica più ampia su basi egualitarie. In questo momento l’UE sta stipulando un accordo commerciale con gli USA che nel giro di circa cinque anni circa sarà pienamente operativo. Quest’accordo può far nascere un accordo anche politico tra le due sponde dell’Atlantico? Sarebbe auspicabile, rileva il dott. Iglesias.
Nel frattempo, noi federalisti, confortati dalle idee di persone come il Dott. Iglesias dobbiamo solo continuare a diffondere l’idea di un’Europa più unita, e magari, di un di mondo maggiormente democratico, affinché possa affrontare in modo coordinato le grande sfide che il nostro futuro già ci riserva.
Eleonora Vasques(GFE Roma)
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