MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO
Sezione “Altiero Spinelli” Roma
ASSEMBLEA APERTA
degli iscritti e dei simpatizzanti
Mercoledì 28 novembre 2012, ore 18.30
Piazza della Libertà 13, IV Piano
(Metro A Lepanto) Roma
DIECI MINUTI PER L’EUROPA
Introduce
Paolo ACUNZO, Vice Seg. naz. MFE
Sono invitati a intervenire tutti gli iscritti del MFE Roma e tra gli altri hanno già confermato il loro contributo al dibattito:
Sergio BELLUCCI, fondatore NetLeft
Ines CALOISI, Pres. TIA Formazione International
Roberto CECCARELLI, Sinistra Europea
Roberto DI GIOVAN PAOLO, Pres. Intergruppo Federalista, Senato della Repubblica
Sandro GOZI, Pres. Intergruppo Federalista, Camera dei Deputati
Francesco GUI, Pres. MFE Lazio
Stefano MILIA, Seg. gen. CIME
Federica MOGHERINI, Deputato
Gianni PITTELLA, Vice Pres. vicario del Parlamento europeo*
David SASSOLI, Parlamentare europeo
Patrizia SENTINELLI, AltraMente
Debora SERRACCHIANI, Parlamentare europeo*
Tommaso VISONE, Pres. GFE Roma
Conclude
Paolo PONZANO, Pres. MFE Roma
* con invio di contributo scritto
Contributo di Gianni Pittella (Vice Presidente vicario del Parlamento Europeo)
Cari amici del MFE Roma,
vi ringrazio dell’invito alla vostra interessante Assemblea, ma impegni istituzionali mi costringono a non poter partecipare personalmente alla vostra iniziativa, esempio importante di dibattito diffuso e vicino ai cittadini per favorire quanto prima la costruzione degli Stati Uniti d’Europa. Vogliate cio non dimeno accettare questo mio contributo al vostro/nostro dibattito.
Il varo del Trattato di Lisbona ha segnato due anni fa un salto di qualità nell’ambizioso progetto di dare una nuova governance all’Europa, una svolta che in molti avevamo auspicato e sollecitato e nella quale l’europarlamento aveva riposto la speranza di ricucire un preoccupante vulnus aperto nella fiducia dei cittadini riguardo la validità e l’utilità stessa dell’Unione europea. Con il Trattato di Lisbona si è usato lo strumento del diritto per cominciare a tracciare una nuova architettura della dinamica del sistema dei ‘’check and balance’’ che regolano i rapporti tra i vari poteri, nella progressiva cessione di sovranità nazionale a un’entità sovrastatale che e’ alla base del complesso quadro comunitario. Unico organismo eletto direttamente dai cittadini, ma che fino ad allora aveva ricoperto il ruolo di semplice organismo consultivo nell’attività normativa e nella formazione delle direttive assunte dalla Commissione e dal Consiglio europeo, al Parlamento europeo veniva riconosciuto finalmente lo status di ‘’co-decisore’’ nel processo legislativo dell’Unione, in materie fondamentali come la formazione del bilancio.
L’obiettivo politico principale che le forze progressiste avevano posto nel nuovo trattato, era di colmare un deficit di rappresentanza che aveva reso la burocrazia della Ue sempre più distante e addirittura ostile nella percezione comune dei suoi cittadini, con pericolose ricadute sulla tenuta democratica complessiva dell’intero continente. Il pericolo maggiore per il processo di integrazione europea era individuabile proprio nella diffidenza verso le istituzioni di Bruxelles, alimentata e cavalcata in questi anni da schieramenti populisti e xenofobi, fautori della primazia della nazione su ogni organismo sopranazionale e addirittura della reclusione rassicurante delle aspirazioni delle comunità locali nelle cosiddette ‘piccole patrie’, celebrate nel nostalgico e mitico ricordo di un presunto, idilliaco e antistorico passato.
Oggi questo pericoloso processo di disgregazione dell’Unione europea si è ripresentato sotto nuove forme sull’onda dello tzunami che ha investito l’economia e i mercati finanziari pubblici e privati, a partire dalla crisi dei sub-prime statunitensi nel 2008 che ne ha costituito l’innesco. Gli impegni finanziari richiesti per garantire la sostenibilità dell’Euro e dell’intero sistema bancario, hanno posto i maggiori paesi contributori del bilancio europeo e che accentrano le redini del sistema creditizio europeo, in una posizione condizionante e determinante sulle scelte richieste per arginare gli effetti devastanti della crisi economica sui debiti sovrani. Il risultato e’ stata una politica di austerity imposta con un meccanismo intergovernativo che ha visto soccombere la volontà popolare degli Stati membri risultati con i bilanci statali più deboli ed esposti alla speculazione, agli interessi nazionali perseguiti da Germania, Francia, Gran Bretagna e gli altri i paesi del nord Europa che in questo momento subiscono meno ripercussioni, se non addirittura traggono un beneficio e un vantaggio relativo, dalla debolezza delle economie dei ‘’concorrenti’’ europei.
Il processo di ‘’democratizzazione’’ e di ‘’comunistizzazione’’ accelerato dal Trattato di Lisbona ha subito cosi’ una brusca battuta d’arresto in nome dell’emergenza, quando essa stessa, con tutta evidenza, richiederebbe al contrario un’accelerazione sulla strada di una compiuta unità politica oltre che economica dell’Europa, in grado di porre l’Unione a 27 nell’alveo di un’adeguata dimensione competitiva rispetto agli altri grandi attori che agiscono sullo scacchiere internazionale e che gestiscono i grandi flussi di capitali e della produzione di beni e servizi sul pianeta.
L’Europa deve tornare a crescere nel suo complesso come non accade da due decenni ormai per assicurare ai suoi cittadini il lavoro e con esso la tenuta del suo modello sociale e di welfare. Per fare questo ha bisogno di istituzioni comuni autorevoli e democratiche, dotate di poteri decisionali e budget adeguati per realizzare le politiche di stimolo al progresso economico e sociale.
In queste ore e’ in atto l’ennesimo braccio di ferro tra Parlamento e Consiglio europeo, questa volta sulle prospettive finanziarie. I governi dei ben noti paesi si battono per ottenere riduzioni delle loro contribuzioni al budget, quando l’europarlamento spinge al contrario per soddisfare la necessità di avere nuovi fondi da mettere a disposizione della realizzazione della strategia 2020 e il conseguimento dei suoi indispensabili obiettivi. La posta in gioco è molto alta. Su questi scogli rischia di naufragare definitivamente il sogno europeo della piena integrazione tra paesi che si sono sempre combattuti tra loro. Probabilmente le difficoltà attuali e i diversi interessi ‘’vitali’’ sarebbero stati regolati, in un tempo non troppo remoto, con nuovi conflitti armati. L’esclusione di vasti strati della popolazione, delle donne, dei giovani, dai meccanismi di redistribuzione del reddito, primo fra tutti il lavoro, sta alimentando la fiamma sotto una pentola a pressione pronta a esplodere sotto le istituzioni democratiche uscite dagli equilibri conseguenti al secondo conflitto mondiale e poi dalla fine della guerra fredda.
Si fa quindi sempre più impellente e necessitata l’esigenza di arrivare alle prossime elezioni europee mettendo al centro del dibattito la proposta del gruppo socialista di aprire la prossima legislatura con un Assemblea costituente che coinvolga tutti i cittadini europei nel porre le fondamenta giuridiche della costruzione degli Stati Uniti d’Europa.
L’esigenza di rinforzare una partecipazione autenticamente popolare a tutti i livelli governativi vale anche per l Unione europea. L’attuale stagnazione in cui si trova il progetto di costruzione dell’unità politica del continente riflette le difficoltà strutturali del modello istituzionale funzionalista messo in pratica negli ultimi decenni L’idea cioè di costruire un’ Europa della moneta che avrebbe in seguito aperto la strada alla costruzione di un’Europa politica si è rivelata illusoria. Per ripartire, l’Europa ha bisogno di una legittimazione direttamente popolare. L’Europa non si farà senza una partecipazione attiva del popolo europeo Per rafforzare la legittimità del processo di costruzione europea bisogna ripartire dai cittadini e dalle istituzioni democratiche elette dai cittadini ,come il Parlamento europeo e superare così ogni tentazione tecnocratica e intergovernativa.
In questa concezione esclusivamente intergovernativa dell’Unione si fa strada una logica del piu’ forte, del compromesso e dello scambio di benefit e concessioni tra ex potenze che porta frequentemente il Consiglio europeo in conflitto con le due istituzioni sovranazionali: la Commissione ed il Parlamento, in particolare con i poteri rafforzati dal Trattato di Lisbona attribuiti all’assemblea di Strasburgo. Questo atteggiamento si riflette nei tentativi di ridurre la libera circolazione delle persone nei confini dell’Unione e di renderne sempre piu’ difficile l’ingresso, nell’ostilità al progetto di istituire gli Eurobond e l’unione fiscale come strumenti autonomi di finanziamento degli investimenti a dimensione europea sullo sviluppo e la crescita e più in generale in relazione alle prospettive finanziarie dell’Unione europea dal 2014 al 2020, nella politica Estera e di Difesa. Eppure gli obiettivi che l’Europa si e’ posta nella sua dimensione federativa e transnazionale piu’ consapevole, rappresentata dalle istituzioni e dai trattati europei, sono quanto mai ambiziosi e disegnano da qui al 2020 una strategia di progresso scandita da traguardi di civilta’ in tutti i settori, dall’ambiente, al lavoro, all’inclusione e la coesione sociale.
Tuttavia questa debolezza rischia di allontanare i cittadini dal grande progetto dell’integrazione europea. Vi è il rischio che si saldino dinamiche di un ritorno a protezionismi nazionalistici con dinamiche di localismi miopi, allontanando l’Europa non solo dal nobile processo della sua integrazione e del suo allargamento, ma soprattutto dalla necessità della costruzione di un sistema economico sociale giusto inclusivo e competitivo, che sappia rispondere alle sfide della globalizzazione, dell’immigrazione, dell’occupazione giovanile e dell’invecchiamento demografico. Per questi motivi si deve andare avanti senza farsi intrappolare dalle derive populiste.
Non si deve arretrare di un millimetro sul terreno dei diritti e delle conquiste acquisiti, che vanno difesi insieme ai principi che le hanno animate. Si deve rilanciare con forza l’obiettivo della costruzione degli Stati Uniti d’Europa e di una nuova cittadinanza euro-mediterranea, inclusiva di tutte le popolazioni che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, dando subito vita a una comunita’ di paesi rivieraschi simile all’organizzazione che diede origine alla Comunita’ europea, con una prima struttura di cooperazione rafforzata e di delega di poteri a un’entita’ sovrannazionale. Per raggiungere traguardi tanto ambiziosi in una congiuntura politica cosi’ negativa dobbiamo dotarci di partiti che sappiano trasformare questa crisi in un’opportunità. Riformare le istituzioni e le nostre forze politiche aprendole decisamente alla partecipazione, come abbiamo fatto con il Pd nella coraggiosa operazione di introdurre le primarie nell’esercizio democratico del paese, conducendo la nostra battaglia a fianco e dentro l’alveo della grande famiglia socialista europea: deve essere questa la stella polare che dobbiamo porre sul nostro orizzonte per dare saldezza e forza alla prospettiva e alle regioni del progresso sociale ed economico, in Europa e in Italia, fino a giungere alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa.
Con amicizia
Gianni Pittella